Khil@fah Generation, i bambini del califfato

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أشهد أن لا إله إلا الله وأشهد أن محمدا رسول الله
“The next generation [of Muslim youth have already been] brainwashed to hate the West and to strive for jihad and martyrdom. They have been trained on the battlefield and know how to create bombs and suicide belts and to behead and crucify the innocent. This is something we must be prepared for and understand.” The necessary mental training and preparation children receive involves several dimensions, including indoctrination, exposure, and a concept denoted “total organization”
Independent International Commission of Inquiry on the Syrian Arab Republic (2014). “Rule of Terror: Living Under ISIS in Syria.” Human Rights Council. “ISIS Releases Moms’ Guidebook to Raising ‘jihadi Babies'”

Migliaia di bambini, il tutto minuziosamente documentato e accertato sono stati comprati, rapiti, venduti e arruolati in una delle milizie armate più sanguinarie del XXI secolo negli ultimi dieci anni. Miliziani e mercenari che in nome di una perversa interpretazione dell’Islam hanno costituito un esercito denominato Khilafah Generation, composto da bambini di un’età compresa fra i 2 e i 17 anni. Coartando il loro pensiero, il loro corpo e il loro spirito, inducendoli a vivere con come unico scopo uccidere e morire per una causa che non ha più nessuna ragione di esistere. Migliaia di bambini che sotto lo sguardo totalmente assente di tutte le organizzazioni umanitarie, Nato, Unione Europea, Nazioni Unite, Vaticano, Ministeri della difesa e degli esteri sono stati addestrati alle più atroci tecniche di guerriglia urbana, ad assistere alle più feroci esecuzioni, ad esserne parte. Sono stati preparati a torturare un uomo, ad ucciderlo a mani nude, con armi da taglio, a sgozzarlo come fosse un rituale di macellazione islamica, assistendo al suo dissanguamento. A ucciderlo tramite un’esecuzione capitale con armi da fuoco alla nuca, come nella più classica tradizione nazista. O a fornire la spada a chi, come un mentore diabolico insegnava loro a tagliare la testa ad un uomo in ginocchio nella più totale freddezza. Sono stati indottrinati ad un dogma coranico sin dalla più tenera età, tre, quattro anni, rinchiusi in madrase, grotte, case diroccate, oppure in moschee alla più lampante luce del giorno, sotto gli occhi di chiunque avesse occhi per vedere. Il tutto rigorosamente filmato, documentato, registrato ad altissima risoluzione e postato nel web attraverso i canali di propaganda ufficiali di quello che, con grande ignoranza da parte del mainstream politico e istituzionale mondiale è stato chiamato Isis, il califfato islamico del XXI secolo. Un uomo da solo ha tenuto in scacco il mondo intero per oltre tre anni, facendo credere al mondo integralista che la sua discendenza era profetica, muhammadica, quindi da seguire per volere di dio. E tutto il mondo occidentale lo ha giustificato e aiutato sin dall’inizio.
I conflitti armati sono una costante nella storia dell’umanità. Ma qui si è andato oltre. Si sono messe in gioco delle carte che non dovevano essere giocate. Si sono usate delle pedine che non dovevano essere messe su di uno scacchiere così sanguinario. Eppure così è stato. Sento il dovere, da storico dell’Islam, da scienziato per la pace, ma anche da dottore in filosofia islamica di denunciare tutto questo, di rendere pubblico tutto questo. Vorrei farlo non tramite un resoconto giornalistico atto a incrementare la vendita di copie di giornali o di programmi televisivi politically correct per la paura di parlare o di mostrare immagini che all’ora del telegiornale risultano fastidiose o per timore di offendere chi giustifica nel Corano tutto questo. Ma mediante uno studio attento durato anni, osservando dal vivo, quotidianamente, giorno e notte, per migliaia di ore lo schermo del mio computer, in costante contatto con i siti ufficiali del califfato, con gli occhi stanchi dalla luce e dalle lacrime, filmati dove uomini vengono appesi a testa in giù in scenari hollywoodiani e sgozzati lentamente davanti ad una platea di occhi che sommati tutti insieme non raggiungono l’età di un adulto. Ho visto bambini tagliare la testa a uomini che, silenziosamente, forse fino all’ultimo speravano di venire risparmiati, per poi esibirla in bella vista come un trofeo da appendere al trono di Allah, come è stato loro insegnato. Ho visto sguardi di bambini talmente feroci da spaventare il più crudele dei serial killer. Ma ho visto anche occhi di bambini che piangevano, che non volevano, che venivano costretti a tutto questo. Ho visto occhi di bambini salmodiare per ore migliaia di versetti coranici per trovare una giustificazione a quello che li aspettava. Ora tutto il mondo pensa che sia finito, che l’Isis sia sconfitto e che i bambini felici e contenti siano tornati a casa. E invece quei bambini, ormai un po’ più grandi, o sono morti, o si sono spostati, e ora sono pronti a tutto. E l’Isis non è per niente sconfitto. Quei bambini sono pronti a uccidere. A morire. A farsi esplodere o a farci esplodere. Laggiù, a casa loro, o a casa nostra. Ma a me questo non importa. Non ho paura, non ho timore. Ma sento solo il dovere, morale, umano di fare qualcosa perché almeno quelli che verranno o sono stati ritrovati possano, in qualche modo essere aiutati.
E lo farò, con l’aiuto di qualcuno, oppure da solo.

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